domenica 25 marzo 2012

Pushkar e Udaipur, ultimo post sul Rajistan (ovvero: tutti al lago!)

Eccoci qui sul tetto della finta Vishnù Guest House di Varanasi a postare foto e racconti lontani tanti kilometri e ben tre mesi. La guest house è finta perché  la regola non scritta della Lonely Planet recita: copia il nome e incollalo un po’ storto che tanto qualcuno ci casca sempre, e così le Vishnù sono proliferate a vista d’occhio per poter accontentare anche i turisti meno avveduti.

Pushkar è una cittadina santa in odore di turista: proprio qui, tra le chicchissime bancarelle sottese ai templi Emilia ha tristemente scoperto di non aver affatto superato la dipendenza da shopping (so’ boni tutti quando nun c’è niente de figo da compra’), ma poi l’esigua capienza dei borsoni da bici ha finalmente vinto sulla compulsione d’acquisto… a parte i vestiti firmati a Pushkar abbiamo anche casualmente incontrato l’inossidabile Jimi, che avevamo conosciuto addirittura in Iran, così abbiamo avuto la conferma vivente che passare per il Pakistan – come ha fatto lui – non sarebbe stato poi così rischioso: ci ha anche fatto vedere le foto che lo ritraggono con un capo villaggio spacciatore d’armi e droga che lo ha amorevolmente invitato per il solito chai, stavolta condito con kalashnikov nuovi di pacca appesi tuttintorno.


Ecco il lago attorno al quale sono sorti innumerevoli templi; il lago è artificiale, ma l’aria che si respira da quelle parti è davvero mistica e la mancanza di clacson (finalmente il silenzio!) dona serenità e pace dell’anima a pellegrini e non.





Ma passiamo velocemente a Udaipur, il cui lago non è né artificiale né minuscolo, ma invero grande grande e molto romantico.
Ovviamente il romanticismo fa salire i prezzi, e così – per non voler spendere addirittura 500 rupie ovvero otto euro a notte – siamo finiti a dormire in tenda praticamente nel centro città, sotto un bellissimo castelletto tutto per noi (evvai col romanticismo low cost!)


 qui sopra potete amirare uno scorcio del lago al tramonto, mentre qui sotto strabiliatevi pure davanti al barbiere open space, una trovata tipica del subcontinente massimaresa minimocosto:


 e chiudiamo in bellezza con altre due immagini di riflessi e sprazzi luminosi...



 Domani con passaporto e visto nuovi di zecca ci incamminiamo tutti contenti verso il NEPAL!!!!!

domenica 18 marzo 2012

Post volante pericolo costante (ovvero: l'arte dei camionisti indiani ti sorprende sempre!)

Su Mumbai e Sanjay c'è un mare da dire, ma or ora ci troviamo con computer internet casa amici e così mettiamo su queste foto un po' d'archivio ma sempre attuali...
In poche parole, i camion indiani sono bellissimi! cioè se nel rinascimento ci fossero stati i camion, sarebbero stati pressappoco così, secondo me:





no perchè come se non bastasse te lo scrivono pure, di suonare come un pazzo...

 la stessa matrice, ognuno con il suo stile



Ah comunque abbiamo nuovi visti e passaportiiiiii!!! è stata una dura battaglia fatta a colpi di documenti sbagliati, o mancanti, o glielo giuro se l'è mangiato il cane, insomma alla fine abbiamo vinto...
Adesso prendiamo le cose qui a Pune, poi torniamo a Mumbai e poi treno diretto per Varanasi, e poi si entra in Nepal e si inizia a pedalare...

venerdì 16 marzo 2012

Jodhpur, la città blu del Rajistan


Da Jaisalmer abbiamo preso il treno per Jodhpur

Già che ci siamo però adesso vi raccontiamo come funziona il trasporto delle bici sui treni indiani: è un operazione da affrontare dopo almeno un’ora di meditazione, 45 minuti di massaggio ben fatto o due cylum col Baba. Bisogna arrivare almeno un’ora prima della partenza (ma a volte non basta, vedi Mumbai) e subito mettersi alla ricerca del Parcel Office che tende ad essere nei posti più improbabili; parcel sta per pacco, quindi è fondamentale capire subito chi è il capo ufficio… Dopodichè bisogna affrontare sempre uno stadio in qualche modo negativo, per esempio il capo ufficio è refrattario ai rapporti umani, vuole che impacchetti la bici o inizia a delirare dicendo che su quel treno è impossibile caricare la bici per svariati motivi come una fermata del treno troppo breve o un treno troppo carico. A questo punto è buona norma alzare la voce, mantenendo però la calma interiore, e provare qualche frase ad effetto che dimostri l‘esperienza maturata nel campo dei Parcel Office (ovvero: qui tutto è possibile). Dopodichè parte la fase burocratica di riempimento moduli, e qui la tua esperienza accumulata serve a poco, tanto ogni Parcel Office interpreta diversamente le sibilline voci da compilare; per di più tu straniero errante con tenda devi inventarti ogni volta un paio di indirizzi diversi di recapiti indiani. Non c’è speranza, la prima stesura non va mai bene e quindi nel frattempo 4-5 indiani sguscianti ti sorpassano in curva ovviamente suonando il clacson. Quando il modulo, agli occhi del capo ufficio, raggiunge almeno la sufficienza,  è il suo turno per la compilazione del temibile librettino con la carta copiativa: operazione che richiede 4 copie e 3 foglietti copiativi da inserire in una meticolosa combinazione geometrica. Poi è il turno dell’analisi matematica sottesa al calcolo del prezzo in relazione al peso dell’oggetto e ai kilometri di viaggio, ma l’operazione è talmente complessa che alla fine il prezzo rimane comunque a discrezione del capo ufficio. Dopodochè si affronta l’etichettatura della bici, avendo con urla decise evitato l’impacchettamento; qui bisogna essere velocissimi e risoluti nel voler farlo da soli con mezzi di fortuna, poiché altrimenti lo farà il garzone di turno per poi scucirti 100 rupie per un pezzo  di cartone e una corda sdrucita.  A questo punto si intravede la luce, per quanto possa sempre intervenire un passante curioso a molestarti con domande improbabili a prova di nervi. Ma il più è fatto: passata la battaglia ci si rilassa tutti salutandosi con grossi sorrisi di soddisfazione. Non resta che abbandonare il campo di battaglia e salire fiduciosi sul treno, sapendo che all’arrivo si troveranno magicamente le bici nel nuovo misterioso Parcel Office; ma se la stazione d’arrivo è piccolina, suddetto ufficio risulta essere aperto dalle 8 alle 8 e quindi se si arriva, per esempio, alle 5 di mattina bisognerà attendere il momento idoneo a cogliere l’attimo, magari stendendo i tappetini e facendo una profumatissima siesta su pavimento da non guardare mai troppo meticolosamente prima di chiudere gli occhi…

Raccontata la sempiterna storia del Parcel Office, ritorniamo a parlarvi di Jodphur e della sua immensa, grandiosa, annichilente fortezza: per riuscire a prenderla tutta in una sola immagine, abbiamo dovuto attaccare ben 6 fotografie:


Come da tradizione rajput, per edificare la fortezza hanno utilizzato tutto lo spazio disponibile del promontorio, anche la lingua di roccia che da esso si sviluppa…



Ed ecco l’ingresso del castello; da questa foto non si capisce, ma è posizionato dopo una curva strettissima, così da evitare che una carica di elefanti potesse sfondare il portone.



Un particolare dell'interno del castello:


Le suggestive case dipinte di blu erano un tempo appannaggio dei Bramini (evidentemente anche qui il blu è il colore della nobiltà); adesso invece chiunque può colorarsi la casa, ma sempre e solo di blu. Con un mezzo così semplice si crea un effetto globale che fa gioire occhio e anima!

e per concludere un'astrazione notturna in chiave di Do maggiore per finestre e scala...


mercoledì 14 marzo 2012

Jaisalmer, la città d’oro del Rajastan

Rieccoci a raccontare trascorsi resoconti…


Jaisalmer è una fortezza dorata, panciuta e merlettata che sorge dal deserto senza soluzione di continuità, un enorme castello di sabbia che ha vissuto molte importanti battaglie, l’ultima delle quali tra Pakistan e India negli anni ’60.
Da sempre crocevia di popoli in marcia fra il medio e l’oriente, in posizione strategica sulla via dei cammelli, ha sviluppato uno stile arabeggiante e sofisticato, e il centro storico è tutto un fiorire di meravigliosi bassorilievi. 


un tempio Jainista all'interno della fortezza
Oggi i cammelli vengono usati per lo più per trasportare ignari turisti fra quattro dune e la monnezza (sconsigliamo vivamente a tutti di spendere soldi per il giro nel deserto) e la fortezza sta cedendo sotto i colpi del sovraffollamento (come consiglia la cara Loonely Planet è buona cosa scegliere un hotel fuori dalle mura), ma la città è ancora bellissima, magica e affascinante.




Tra un tramonto dorato e l’altro noi siamo anche capitati a fumare cylum da un Baba (e come te sbagli)… Possiamo così mostrarvi il cylum più grande che abbiamo mai visto, ormai venerato come una reliquia e con un glorioso passato tutto da scoprire: la leggenda vuole che il Baba che vedete nella foto riuscisse a fumarlo tutto d’un colpo, con il suo bel chilo di charas dentro (era davvero un santo…!)




Michele invece con un paio di tiri di un normalissimo cylum è finito così:



 Un'altra italiana era passata dal Baba prima di noi... ma forse anche lei ha fumato un po' troppo...!

sabato 10 marzo 2012

Palolem Beach, Goa: il video!

Per la gioia degli amici a casa, che immaginiamo ormai curiosissimi di vedere come viviamo in questo lungo, avventuroso, bellisismo viaggio, stamattina Emilia ha girato questo piccolo video...
Buona visione!



venerdì 9 marzo 2012

Di nuovo insieme + due parole sul Kerala + pistolotto sull'Ayurveda + qualche foto di Gokarna


Dopo 15 giorni di viaggio in solitaria (un’esperienza tutta da vivere, che a tutti raccomandiamo), Emilia ha sceso la bici verso sud, esattamente nel luogo in cui Michele massaggiava a destra e a manca, ovvero Kalpetta, North of Kerala.
Sul bellissimo Kerala abbiamo un riprovevole buco fotografico, avendo comprato la macchina foto solo l’ultimo giorno, ma in soli due scatti abbiamo condensato – e vi presentiamo - la doppia natura del Kerala: il Catto-Comunismo.




Dal versante religioso si mormora che sia stato addirittura l’apostolo Tommaso a sbarcare su queste coste per diffondere il messaggio del suo Maestro; per quanto riguarda la politica invece, il Kerala è communista cosììì dal 1956, anno in cui il Partito Comunista (per la prima volta nella storia) ha democraticamente vinto le elezioni. in effetti adesso al potere ci stanno gli altri, una strana mistura fra Congress Party (Induista, il partito al potere in India e di cui Sonia Gandhi è attualmente il segretario) e i Musulmani, ma la falce e il martello sbucano un po’ ovunque fra le palme e i centri di medicina ayurvedica.

Approposito di ayurveda (di Michele)
Si dice che sia la scienza medica più antica del mondo, trasmessa nella notte dei tempi direttamente dagli dei agli uomini. 
Lo scopo dell’Ayurveda è quello di prevenire le malattie e di sviluppare uno stile di vita in armonia con la natura; è una scienza medica che comprende valori spirituali, che lega la sua storia agli insegnamenti dei Veda e allo sviluppo di tecniche yogiche. 
Il Kerala, in particolare grazie alla riorganizzazione geopolitica svolta dagli inglesi nel periodo coloniale, è diventato il simbolo dell’Ayurveda e la regione indiana egemone nell’ambito del business che si è sviluppato intorno a questa scienza del benessere. Va detto che, oltre ai resort di lusso con trattamenti per occidentali ricchi, è stato creato un sistema di ospedali pubblici in cui si pratica solo Ayurveda e i cittadini pagano in relazione al reddito (evviva il catto-comunismo...). 
Purtroppo però anche l'Ayurveda segue il corso dei tempi: la pratica medica si è standardizzata e si tende a dare importanza non più tanto alle capacità del medico di entrare in contatto con il paziente, ma alle proprietà degli olii e delle erbe o all’utilizzo di tecniche depurative come il panchakarma.
In sostanza l’Ayurveda rimane preventiva solo a parole ed in pratica non si discosta molto dalla modalità di cura occidentale: a problema rispondo con una cura. Infatti negli ultimi vent’anni sulla salute dei keralesi ha inciso maggiormente lo sviluppo economico, che, oltre a turismo e tecnologia, ha portato ad un aumento vertiginoso delle malattie croniche “all’occidentale” tipo infarti e diabete, patologie intimamente legate alla scarsa prevenzione. Ciò mostra bene come la sanità e il sistema medico attuato siano inscindibili dall’economia e dalla politica e che senza dei veri interventi di prevenzione e sensibilizzazione cosciente della popolazione l’ayurveda rimane una gran bella teoria ma con una messa in pratica troppo debole e discostata dal suo cuore che la fonda. 
Se per l’uomo è sempre stato un grosso problema andare alla radice dei grossi problemi (l’Ayurveda vorrebbe trovare la causa dello squilibrio e non curare il sintomo), a ciò oggi si aggiungono i nuovi vizi portati dal benessere (sedentarietà, alcol, zucchero, inquinamento, eccesso di cibo ecc.) che incidono in maniera schiacciante sulla sanità locale.
Dalla mia piccola esperienza l’Ayurveda mi sembra un potente mezzo di cura che permetterebbe di rivolgersi alla soggettività della persona, ma ciò si scontra con la tendenza dell’uomo di ogni luogo e tempo a scegliere la via più facile; in questo modo l’Ayurveda viene applicata in maniera oggettiva seguendo meccanicamente i dogmi dei sacri testi (che ad un occidentale appaiono quantomeno opinabili); si sta così perdendo la vera potenzialità della medicina tradizionale, per la quale le conoscenze sono solo un mezzo per entrare in contatto prima con se stessi (portando avanti un lavoro interiore difficile e costante) ed in seguito con la persona che si vuole curare.


E dopo il Poli-pippone al sapore d'olio di sandalo, vi lasciamo più leggeri con qualche scatto di Gokarna, dove siamo giunti dopo le pedalate keralesi verso spiagge incontaminate. 







Forse non è proprio chiaro il nostro percorso, facciamo breve resoconto:
ci siamo divisi 2 settimane, Emilia a Gokarna e Michele in Kerala; poi Emilia è scesa da Michele, abbiamo pedalato un po', e siamo risaliti a Gokarna insieme. Siamo stati lì per due settimane di yoga, massaggi e fantasia ed ora ci troviamo sulla spiaggia di Palolem nel sud di Goa (ovvero a 100 km da Gokarna).
Ok adesso dovreste esserci.
Per eventuali chiarimenti leggere attentamente i sottotitoli alla pagina 777 del Rgveda, o consultate il vostro curatore di fiducia.


lunedì 5 marzo 2012

Intermezzo musicale indiano

Interrompiamo le trasmissioni solo per farvi ascoltare il tormentone del momento qui nel subcontinente indiano:
kolavery.
Il profondo significato della canzone si scorge tutto nel ritornello, quando melanconicamente il cantante si chiede: why this cola (is) very big? Il fatto e' che il cantante sta fatto, e quindi ha le tipiche dispercezioni visive del caso...

Buon ascolto a tutti!