Vorremmo condividere
con voi i risultati di una sperimentazione di un ricercatore indiano di cui
siamo giunti a conoscenza e che ci sembra sia molto importante diffondere.
Questo ricercatore,
attraverso una scrupolosa e difficile sperimentazione empirica volta ad
osservare le più sottili sensazioni corporee, ha compreso come realmente
funziona l’interazione mente – corpo, riconoscendo al ruolo della sensazione il
valore che ancora nessun altro le aveva conferito.
Attraverso questa particolare sperimentazione
sembra infatti evidente che la sensazione abbia un’importanza fondamentale nell’influenzare
le nostre azioni e le nostre decisioni.
La ricerca
ha portato alla luce il seguente processo psico-fisico: gli stimoli sensoriali
esterni vengono percepiti e riconosciuti dall’individuo, il quale li giudica
(consciamente o inconsciamente) positivi o negativi a seconda che siano a
favore o contro la sua integrità psico-fisica; questo giudizio genera una
sensazione fisica di
craving (“lo voglio lo voglio lo voglio!”) o di avversione
(“no no no!”) di cui nella quasi totalità dei casi non ci accorgiamo, ma che il
nostro inconscio comunque registra; ed è proprio questo il punto rivoluzionario
della scoperta: noi non proviamo attaccamento o repulsione solo per gli oggetti
del mondo esterno, ma anche per la sensazione che dagli oggetti è stata
stimolata. Un esempio evidente di questo meccanismo è quello della dipendenza
dalle droghe: non si è dipendenti dalla sostanza in sé, ma dalla sensazione
piacevole che determina, e si ricerca la droga per la sensazione di dolorosa
tensione che si prova nel momento di astinenza.
C’è nel
nostro sistema nervoso una parte recondita ed ancestrale, che funziona ancora come
quando eravamo delle amebe fluttuanti nel brodo primordiale, senza occhi né orecchie,
e che quindi “ragiona” semplicemente attraverso gli stimoli tattilo-sensoriali trasmessi
dal corpo. Quindi vedo l’oggetto, lo giudico inconsciamente, mi parte una
sensazione e solo dopo quest’ultima agisco consciamente.
Esempio pratico:
sto girando per strada e vedo una borsetta di Luis-Vuitton; mi piace molto, e
così inizio a provare una sottile sensazione di craving, una tensione fisica
crescente che può essere messa a tacere solamente con l’acquisto della borsetta.
Ovviamente c’è
anche una parte conscia: io so che la borsetta mi piace, ma è la sensazione
piacevole di quando l’ho comprata che mi fa stare bene, piuttosto che la
borsetta; tant’è che prima o poi dovrò comprare qualcos’altro per provare
questa stessa sensazione di appagamento.
Sembrerebbe
che non ci sia una via d’uscita, ma non è così: a pensarci bene, non esistono
sensazioni inconsce! la sensazione, per sua stessa natura e definizione, è
qualcosa di sensibile, ovvero percepibile. Ed infatti, il nostro ricercatore ha
messo a punto un efficace metodo pratico per venire a capo di questa brutta
faccenda e non essere più preda di qualcosa che non sappiamo neanche
riconoscere.
Il metodo
ottiene contemporaneamente due risultati: da un lato allena la mente a
riconoscere le sensazioni, raffinando notevolmente la sensibilità corporea;
dall’altro, attraverso lo sperimentare direttamente che tutte le sensazioni –
se si lasciano scorrere senza intervenire - prima o poi terminano, “insegna” al
corpo a non provare attaccamento o avversione per esse.
A proposito,
il ricercatore in questione si chiama Gautama Siddharta, ai più noto come il
Buddha; queste cose le ha scoperte 2500 anni fa, chiudendo gli occhi e
mettendosi a osservare le sue sensazioni sotto un albero, e il metodo si chiama
meditazione vipassana.
Noi l’abbiamo
provato sulla nostra pelle (letteralmente), e possiamo testimoniare che ha dei
risultati pratici evidenti e sensazionali. Non è una meditazione come le altre,
non si sta lì a recitare mantra per entrare in contatto con qualche dio o con l’universo;
non c’è immaginazione di sorta, ma solo osservazione equanime delle proprie
sensazioni (ovvero distaccata, non giudicante: non si pensa “ questo dolore è
negativo”, ma semplicemente “questo dolore c’è, va da qui a lì, ed è fatto così”).
Ciò che da subito dopo il corso abbiamo
sperimentato è un maggior equilibrio psico-fisico e una più grande lucidità di
pensiero e azione data dalla maggiore presenza mentale. Ma non pensate che
tutto ciò renda più insensibili o passivi, anzi è proprio il contrario! Meno energie
si sprecano a seguire i capricci della mente, a giudicare le sensazioni, ad
essere preda di cose senza importanza che vanno e vengono, più si vive
veramente, per ciò che veramente conta.
Adesso non è
che siamo illuminati, la strada è lunga e impervia, ma per lo meno possiamo
assicurarvi che, quando torneremo e vi attaccheremo una pippa infinita sulla
vipassana, i vostri insulti non ci tangeranno minimamente, ma anzi riceveranno
in tutta risposta un bel sorriso equanime…