lunedì 21 maggio 2012

Una sperimentazione sensazionale


Vorremmo condividere con voi i risultati di una sperimentazione di un ricercatore indiano di cui siamo giunti a conoscenza e che ci sembra sia molto importante diffondere.
Questo ricercatore, attraverso una scrupolosa e difficile sperimentazione empirica volta ad osservare le più sottili sensazioni corporee, ha compreso come realmente funziona l’interazione mente – corpo, riconoscendo al ruolo della sensazione il valore che ancora nessun altro le aveva conferito.
Attraverso questa particolare sperimentazione sembra infatti evidente che la sensazione abbia un’importanza fondamentale nell’influenzare le nostre azioni e le nostre decisioni.
La ricerca ha portato alla luce il seguente processo psico-fisico: gli stimoli sensoriali esterni vengono percepiti e riconosciuti dall’individuo, il quale li giudica (consciamente o inconsciamente) positivi o negativi a seconda che siano a favore o contro la sua integrità psico-fisica; questo giudizio genera una sensazione fisica di craving (“lo voglio lo voglio lo voglio!”) o di avversione (“no no no!”) di cui nella quasi totalità dei casi non ci accorgiamo, ma che il nostro inconscio comunque registra; ed è proprio questo il punto rivoluzionario della scoperta: noi non proviamo attaccamento o repulsione solo per gli oggetti del mondo esterno, ma anche per la sensazione che dagli oggetti è stata stimolata. Un esempio evidente di questo meccanismo è quello della dipendenza dalle droghe: non si è dipendenti dalla sostanza in sé, ma dalla sensazione piacevole che determina, e si ricerca la droga per la sensazione di dolorosa tensione che si prova nel momento di astinenza.
C’è nel nostro sistema nervoso una parte recondita ed ancestrale, che funziona ancora come quando eravamo delle amebe fluttuanti nel brodo primordiale, senza occhi né orecchie, e che quindi “ragiona” semplicemente attraverso gli stimoli tattilo-sensoriali trasmessi dal corpo. Quindi vedo l’oggetto, lo giudico inconsciamente, mi parte una sensazione e solo dopo quest’ultima agisco consciamente.
Esempio pratico: sto girando per strada e vedo una borsetta di Luis-Vuitton; mi piace molto, e così inizio a provare una sottile sensazione di craving, una tensione fisica crescente che può essere messa a tacere solamente con l’acquisto della borsetta.
Ovviamente c’è anche una parte conscia: io so che la borsetta mi piace, ma è la sensazione piacevole di quando l’ho comprata che mi fa stare bene, piuttosto che la borsetta; tant’è che prima o poi dovrò comprare qualcos’altro per provare questa stessa sensazione di appagamento.
Sembrerebbe che non ci sia una via d’uscita, ma non è così: a pensarci bene, non esistono sensazioni inconsce! la sensazione, per sua stessa natura e definizione, è qualcosa di sensibile, ovvero percepibile. Ed infatti, il nostro ricercatore ha messo a punto un efficace metodo pratico per venire a capo di questa brutta faccenda e non essere più preda di qualcosa che non sappiamo neanche riconoscere.
Il metodo ottiene contemporaneamente due risultati: da un lato allena la mente a riconoscere le sensazioni, raffinando notevolmente la sensibilità corporea; dall’altro, attraverso lo sperimentare direttamente che tutte le sensazioni – se si lasciano scorrere senza intervenire - prima o poi terminano, “insegna” al corpo a non provare attaccamento o avversione per esse.
A proposito, il ricercatore in questione si chiama Gautama Siddharta, ai più noto come il Buddha; queste cose le ha scoperte 2500 anni fa, chiudendo gli occhi e mettendosi a osservare le sue sensazioni sotto un albero, e il metodo si chiama meditazione vipassana.

Noi l’abbiamo provato sulla nostra pelle (letteralmente), e possiamo testimoniare che ha dei risultati pratici evidenti e sensazionali. Non è una meditazione come le altre, non si sta lì a recitare mantra per entrare in contatto con qualche dio o con l’universo; non c’è immaginazione di sorta, ma solo osservazione equanime delle proprie sensazioni (ovvero distaccata, non giudicante: non si pensa “ questo dolore è negativo”, ma semplicemente “questo dolore c’è, va da qui a lì, ed è fatto così”).  Ciò che da subito dopo il corso abbiamo sperimentato è un maggior equilibrio psico-fisico e una più grande lucidità di pensiero e azione data dalla maggiore presenza mentale. Ma non pensate che tutto ciò renda più insensibili o passivi, anzi è proprio il contrario! Meno energie si sprecano a seguire i capricci della mente, a giudicare le sensazioni, ad essere preda di cose senza importanza che vanno e vengono, più si vive veramente, per ciò che veramente conta.
Adesso non è che siamo illuminati, la strada è lunga e impervia, ma per lo meno possiamo assicurarvi che, quando torneremo e vi attaccheremo una pippa infinita sulla vipassana, i vostri insulti non ci tangeranno minimamente, ma anzi riceveranno in tutta risposta un bel sorriso equanime…





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