lunedì 30 gennaio 2012

un po' a Gokarna, un po' in Kerala


Allora, da dove inizio… io sono a Gokarna, Michele in Kerala, a cento kilometri da Cannur. 
Ci separano circa 700 kilometri.

Ci siamo divisi per due settimane in attesa di tornare a Mumbai per i passaporti (ma soprattutto per i visti da Teheran, che tardano ad arrivare causa elefantiaca burocrazia indiana), e ci volevano proprio! Ora mi manca, una sensazione che davvero mi mancava..! Lui anche è contento, sta in una clinica ayurvedica e impara a fare i massaggi con l’olio caldo (non vedo l’ora di provare!), ha conosciuto un sacco di gente interessante ed è molto preso dall’apprendimento!

Io invece…
Qui, è il paradiso.
Shanti (ovvero pace, tranquillità) per tutti!
Da un lato c’è la giungla, dall’altro la spiaggia, e poi l’oceano…
Al limitare della giungla nascono le casette di palma intrecciata, con ristorantino solitamente annesso; semplicemente (nel senso letterario del termine) bellissime! Dentro c’è solo un basamento di pietra con materasso e zanzariera (stupenda la zanzariera a baldacchino) e una presa elettrica (unico alito di modernità); non c’è l’acqua corrente, ci si fa la doccia con il secchio.
Cioè in pratica, io qui: un core e na capanna.





E qui sono arrivata proprio il giorno del mio compleanno: il mio primo in incognito (fichissimo!). Attorniata dal paradiso naturale, vivevo la realtà attraverso le avvolgenti ma trasparenti lenti del mio segreto, che ogni tanto veniva naturalmente allo scoperto, stuzzicato dalle persone con cui mi trovavo a parlare: today it’s my birthday! E giù auguri e sorrisi sorpresi! La sera sono stata con una coppia di austriaci e poi con un argentino, che mi ha salutato con un “ciao tana!” sfavillante di ricordi lontani e felicissimi (in Argentina tana sta per italiana; i miei amici di laggiù mi chiamavano la “tana loca”. Chissà poi perché…).


Om beach

Adesso in pratica che faccio… giro, vedo gente, faccio yoga
Ah disegno un sacco anche! “Disegnare con la parte destra del cervello” è geniale, dovreste provarci tutti! Non sappiamo disegnare non per la capacità manuale (equivalente a quella che ci permette di scrivere), ma perché guardiamo male la realtà. Una volta capito come si deve vedere, si sa disegnare! No è davvero fenomenale, io ho fatto dei progressi sorprendenti. Infatti, in effetti,  veramente, dovrebbero insegnarlo a scuola… vi immaginate un mondo in cui tutti sappiamo disegnare?  
Ecco il mio primo soggetto tipicamente indiano (o svizzero anche, dipende sempre dai punti di vista):



La mucca.
Un animale – come dire – de coccio, ecco. Non vorrei trovarmi ad offendere gli animalisti, ma le mucche sono davvero delle rompipalle infinite. Cioè non è che se tu dici ad una mucca: NO!, lei prontamente capisca.  Quelli sono i cani, le mucche invece no, non c’arrivano. E non sono neanche banali da spostare, le buone vecchie culone. L’altro giorno una s’è mangiata mezzo cocco (ecco un cocco ecco ecco un cocco mi so’ persa quanti ecco e quanti cocchi per te).
Comunque c’è da dire che hanno anche una loro utilità: ti riciclano in diretta gli scarti dell’insalata e le bucce di banana che è una bellezza (e tu ti senti per un attimo nel ciclo di vita naturale delle cose).


approposito di mucche...

il ristorante più buono dell'India (e uno dei più belli!)



Se riesco in questi giorni scrivo anche i post passati, ovvero in inglese: the past post.
baciattutttttiiiiii!!!

martedì 17 gennaio 2012

the Indian Wedding

Quivi narriamo di quel giorno in cui giungemmo a Bathinda per cambiare treno (si viaggiava da Amritsar a Bikaner), ma poi incredibilmente fummo invitati ad un vero, originale matrimonio indiano.

Camminavamo tranquilli in quel di Bathinda, quando una jeep con due ragazzi ci si affiancò incuriosita; salimmo con la promessa di esser portati al più vicino internet cafè, ma poi ci trovammo a casa della sorella di uno dei due guaglioni, la quale la sera stessa si sarebbe sposata in gran festa.
Ed ecco, in esclusiva per voi sul mercato occidentale, il racconto fotografico della medesima:


La sposa è già dentro il grande salone, qui è il marito che arriva per secondo; questo è il comitato di accoglienza (al quale le donne agghindate costringono Emilia a partecipare).



Ed ecco finalmente arrivare lo sposo, bardato con una brilluccicante parannanza... Arrivato al nastro di benvenuto viene brutalmente stoppato, e con nostra grande sorpresa inizia una contrattazione monetaria fra lo sciagurato e le inghirlandate (tutto metaforico ovviamente, alla fine entre pagando pochi spiccioli).



Dopodichè ci dirigiamo tutti verso la pista da ballo. Noi iniziamo a pensare che la cerimonia sia già avvenuta nel pomeriggio, ma quando chiediamo conferma apprendiamo un altro inaspettato aspetto della nottata: la cerimonia avverrà alla fine, ovvero verso le 4 di notte. Sono appena le otto di sera, e noi siamo anche un po' stanchini, ma facciamo buon viso a cattivo gioco e continuiamo a ballare... Nel frattempo gli sposi si fanno fotografare con gli invitati; purtroppo noi perdiamo l'occasione di essere immortalati con i due giovini: purtroppo soprattutto per non aver così carpito la faccia di lei, che va dal disperato andante al ma perchè mi trovo qui, voglio morì.
Sapendo che è un matrimonio combinato proviamo grande affetto per la poveretta, ma poi scopriamo che l'infelice espressione fa parte anch'essa del rituale, ed esprime la tristezza provata dalla ragazza nel lasciare l'amata casa di famiglia.
Arriva il cibo, tutto a buffet, in gran quantità. Noi di fame ne abbiamo a sufficienza (e quando mai), e così ci rimpinziamo bellibelli lo stomaco. Senonchè anche qui dopo un po' arriva la sorpresa: trattavasi infatti del solo antipasto. Vabbè, e che devi fà: magni.




La notte si inoltra fra gli invitati, che iniziano inesorabilmente a diminuire; noi immaginiamo che se ne stiano andando, ma più tardi anche qui ci sarà il colpo di scena: in uno degli edifici del complesso matrimonifero scopriremo esservi delle stanze in cui gli invitati si possono accatastare (e non stiamo usando una metafora) per riposare vicendevolmente avvicendati.
Intanto, gli sposi fanno le romantiche foto di rito (nelle quali per fortuna lei sfoggia più gaudenti espressioni).
Sono quasi le quattro, noi stiamo quasi svenendo dal sonno, e ormai non c'è più quasi nessuno. Stiamo per gettare la spugna, quando notiamo una differente sistemazione delle sedie del giardino, che sono state  sistemate intorno al gazebo. La speranza che questa visione ci porta si avvera: il rito sta per cominciare. Gli sparuti ospiti si siedono intorno al cuscino del prete (che non è un prete, ma non sappiamo altresì come chiamarlo), e davanti a lui sta lo sposo. Inizia la cerimonia senza la sposa, che non arriva per un tempo interminabile in cui il "prete" compie vari ripetitivi rituali, come legare un dito della madre dello sposo con un nastro, ravvivare il piccolo fuoco che ha di fronte, far passare oggetti e soldi fra tutti i presenti... noi nel frattempo lottiamo contro la chiusura delle palpebre (che detta così sembra una lotta sindacale). Finalmente la sposa arriva, ma il rito non ne guadagna ritmo, nè fantasia. Ad un certo punto gli sposi si alzano e iniziano a fare dei giri tuttintorno; poi si siedono, ma dopo 10 minuti in cui il "prete" continua a ripetere le stesse formule (che ormai conosciamo anche noi) si rialzano e ri-girano, questa volta accompagniati dalla madre di lei. 






Quando scopriamo che tutto ciò avverrà altre 6 volte, prendiamo coscenza dell'impossibilità di proseguire nella nostra lotta e ci alziamo tremolanti... al che, avviene il miracolo: il nostro amico ci accompagna verso le affollate stanze di cui non eravamo a conoscenza e ci trova anche un letto quasi libero in cui poterci, finalmente, stendere! Veniamo svegliati svogliati un paio d'ore dopo (cioè, quando è finalmente finita l'infinita cerimonia!), e ci dirigiamo verso la casa del nostro amico dove nel frattempo i genitori si sono alzati, lasciandoci un bel letto su cui recuperare ancora un po' di sogni ed energie...

E questo è in breve il resoconto dell'inaspettata cerimoniosa avventura.

SITUAZIONE PASSAPORTI
Siamo a Pune (3 ore di treno da Mumbai) ospiti degli amici incontrati a Goa (che sono davvero fichissimi, e siamo diventati già grandi amici!). Abbiamo richiesto il nuovo passaporto al Consolato e poi c'è da fare il visto, che chissà cos'accadrà.
Domani ci arriva un nuovo bancomat direttamente da Torino con piccione viaggiatore, così possiamo ripartire verso sud in attesa che la burocrazia faccia il suo (farraginoso) corso...
detto ciò, buonanotte a tutti!

lunedì 9 gennaio 2012

Il Golden Temple di Amritsar (Punjab)


Ma torniamo alle puntate parecchio precedenti: Amritsar, la città sacra per i Sikh.
(tra l’altro è anche la città di Harman, il nostro amico di capodann. No, giusto per dire il caso dei post avantindietro che si trovano vicini).




Il Golden Temple è mozza-fiato. Volumi bianchi e curve dorate che crescono dall’acqua e nell’acqua si rispecchiano, cambiando mille volte volto nel corso del giorno.
e per di più oltre che bello, è anche buono! I Sikh infatti accolgono e si prendono cura di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla religione, e qui al tempio danno da mangiare e dormire gratis (o con donazione) a chiunque ne abbia bisogno... sfornando ogni giorno qualcosa come 60.000 pasti!







sabato 7 gennaio 2012

Anjuna Beach, Goa - 1 gennaio 2012 - Happy New Passport!


Goa (che non è una città ma un piccolissimo stato) è stata dominata dai Portoghesi per circa 500 anni, fino al 1961. Per questo è piena di chiese cattoliche e, a natale, qui si fa il presepe come da noi.



 
Ci hanno fregato le borze.
Non quelle delle bici, ma lo zaino e la chitarra (proprio adesso che Michele era diventato una rock star!).
Con dentro, in ordine crescente di importanza/how could you be so stupid? (come ci ha giustamente chiesto Prena, di cui diremo poi):
la cartaigienica;
700 rupie (circa 10 euro);
il telefonino;
i bancomat;
i diari;
la macchina foto;
i passaporti (porcatroiaipassaportiii!).

Raccontiamo brevemente i fatti…
Arriviamo a nord di Goa il 30 sera (partendo da Mumbai il 24 e facendo un po’ bici, molto treno e un pizzico di traghetto), giusto in tempo per informarci sulle variegate possibilità offerte dall’incipiente capodanno. Scartata la possibilità di tutte le carissime feste a pagamento, ci dirigiamo verso l’Hippies Cafè di Anjuna Beach (a 30 km da dove abbiamo dormito), di cui ci avevano parlato bene. Ed in effetti ci piace assai, soprattutto per la buona musica trance suonata in quel mentre da John Dj di Londra, e quindi sistemiamo le bici, prendiamo la chitarra (non sia mai te la fregano!) e lo zaino con il minimo indispensabile (con il senno di poi avremmo rivisto il significato di “minimo indispensabile”) e ci prepariamo la nostra insalata all’avocado – cenone di capodanno sulla spiaggia davanti all’Hippies.
(l’avocado ha un sapore orrendo, davvero amarissimo: Emilia si rifiuta di mangiarlo, mentre Michele persevera nell’impresa di non sprecare il cibo, e se lo pappa tutto. Vedremo le conseguenze dell’ecologico  gesto nel seguito di questa storia dal sapore un po’ thriller).
La serata scorre deliziosa, la musica incalza, e noi stiamo lì felici a ballare sulla spiaggia, a tratti stupiti dall’incredibile novità di un capodanno astemio (l’ultimo risale a 15 anni fa!): non ci concediamo neanche una birretta, un po’ per il prezzo, un po’ perché dopo 5 mesi senza alcol l’idea non ci assedia la mente, un po’ per la via jogica che abbiamo intrapreso (poi si vedrà quando ci troveremo di nuovo ai murazzi o al baretto di ponte milvio come reagiremo…).
Ad un certo punto arriva anche Harman, il nostro couch di Amritsar, uno dei migliori amici che ci siamo fatti qui in India… davvero un Capodanno perfetto!
Harman se ne va, noi continuiamo a ballare… ma le 5 ore di antecedente pedalata si fanno sentire, e così ci sdraiamo in spiaggia tutti tranquilli, come molti altri gruppetti di ragazzi, ognuno con le sue borse vicino.
Noi però, quando un paio d’ore dopo ci svegliamo, le borse non ce le abbiamo più, vicino…
(a onor del vero e per la sempiterna regola del malcomunemezzogaudio, abbiamo poi scoperto che è aleggiata parecchia microcriminalità nell’aria quella sera, si mormora quella russa su tutte).
Inizia la disperazione, corroborata dal vomito verde-avocado di Michele (che si sveglia in deficit da inefficienza da avvelenamento); inizia la trafila burocratica con l’eroico viaggio dei nostri verso la stazione di polizia, 40 gradi all’ombra e Michele-zombie trasportato a spalla dalla co-protagonista.
Allo stato dei fatti, oggi 6 gennaio abbiamo scoperto che: dobbiamo tornare a Mumbai per rifare il passaporto, il quale non si sa quando arriverà, e poi c’è il visto, che è il vero casino, perché noi non vogliamo tornare direttamente in Italia ma vorremmo entrare in Nepal e quindi boh. Comunque, insomma, in qualche modo si farà. Restate su questo stesso canale medesimo per scoprire le avvincenti novità.
E comunque, abbiamo perso un passaporto, ma abbiamo trovato degli amici fantastici!
Dopo due giorni e due notti passati all’Hippies, un po’ nella speranza che i passaporti saltassero fuori, un po’ persi nel bel mezzo di chefacciamoadesso?, la terza mattina ci siamo messi a parlare con dei ragazzi indiani che avevano fatto serata lì, e che hanno davvero preso a cuore la nostra situazione… due di loro, Prena e Vivid, ci hanno praticamente adottato! Adesso siamo da loro, in un bellissimo cottage lontano dalle rumorose, festaiole spiagge (che a Michele piacevano, mentre Emilia dopo 60 ore filate di musica nelle orecchie stava iniziando a dare segni di cedimento); ci hanno aiutato in tutto, regalato un cellulare, offerto cene… abbiamo dovuto anche accettare dei soldi, non c’è stato verso di rifiutarli (anche se abbiamo dei contanti con noi, che incredibilmente non erano nello zaino, e con cui possiamo vivere quasi un mese), e se provavamo a ringraziare Vivid si incazzava pure: don’t even say it, you are my family!
Ci siamo ripresi dalla botta psicologica, e domani sera partiamo per Mumbai, dove scopriremo cosa possiamo fare e come continuare a muoverci sull’immenso suolo subcontinentale… una conseguenza positiva di questa brutta faccenda è che adesso cambieremo taglio al nostro viaggio: da “scopritori del mondo e di noi stessi” passiamo più velocemente del previsto alla fase “apprendiamo qualcosa di pratico”, che si esplica nel seguire i corsi di yoga e massaggio ayurvedico le cui conoscenze sarete i primi a testare quando torniamo in patria!

ecco le uniche foto di Goa che abbiamo scattato (oltre alla prima del post)...


Per il blog abbiamo ancora tanto d quel materiale arretrato che non vi accorgerete nemmeno della mancanza di una macchina foto, e poi si vedrà…
Intanto, buon anno a tutti!